Premio Franco Quadri 2023

Eugenio Barba

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Motivazione

Calendario alla mano. Dopo una direttrice artistica esploratrice di più linguaggi, un regista compositore e intermediario d’altre performatività, un laboratorio di sperimentazione scenica, etica e politica, un critico cinematografico e “ri-autore”, una coreografa di cultura araba e marocchina, una critica di spettacoli e docente di storia del teatro e un traduttore delle arti con profonda passione per il teatro, l’Associazione Ubu per Franco Quadri ha stabilito che il prestigioso ottavo Premio Franco Quadri sia per il 2023 da attribuire a Eugenio Barba, ottantasettenne maestro di riflessione teorica della scena del secondo Novecento, maestro di creazione pratica, espressiva e spettacolare, maestro di trasmissione della memoria storica e dello studio scientifico della tecnica dell’attore “fuori dal teatro”, maestro in contesti transculturali fra etnie diverse, maestro di coerenze plurali di comunità operanti in ambienti, gruppi, mestieri, progetti e attività dell’editoria, maestro di consapevolezza d’un teatro sempre aperto alla tradizione dell’impossibile. Mentre nell’entrante 2024 si conteranno sessanta anni esatti dalla nascita dell’Odin Teatret in Norvegia e poi a Holstebro in Danimarca, una parabola pedagogica di eredità ispirate al training nel teatro-laboratorio di Grotowski, all’accumulo di saperi usciti dai viaggi nel Sudamerica e in Oriente e all’adozione del baratto appreso durante la trasferta nel meridione italiano a Carpignano, sarà bene, oggi, di fronte alla prassi del presente (identificabile come Archivio vivente) maturata nella Fondazione, a Lecce, sorta col marchio speculare di Eugenio Barba e di Julia Varley (allo scopo di sostenere artisti e artiste che lavorano in situazioni di svantaggio a causa delle loro opinioni politiche o per motivi razziali, di genere e di appartenenza sociale), sarà bene, va sottolineato, prendere anche alcune meditate distanze da questa o quella singola disciplina, formula, antropologia, emotività o schematica. Il motivo fondativo dell’assegnazione del Premio Franco Quadri a Eugenio Barba è da annettere a fatti rivoluzionari: l’Odin Teatret è stato un gruppo di autodidatti, ha costituito un modello di esistenza attraverso il teatro, si è imposto come prassi di una nuova socialità, si è definito esso stesso come cultura più che come entità producente cultura, estetica, spettacoli, e in quanto tale ha dato vita a una dimensione che Barba ha chiamato “terzo teatro”, per differenziarlo dal “primo”, quello tradizionale sovvenzionato, e dal “secondo”, quello sperimentale alla ricerca di una nuova originalità, dove il brevetto (assurto presto a categoria mondiale) di “terzo teatro” simboleggia anche – nelle pagine del libro/manifesto di Barba pubblicato nel 1996 da Ubulibri, Teatro. Solitudine, mestiere, rivolta – un manuale pratico di utopia coi piedi saldamente ancorati alle nuvole, e allude a una provvisoria terza sponda del fiume verso cui traghettare l’isola galleggiante che è l’Odin. Il Premio Quadri va a chi ha coniato nel 1964 un teatro sostenuto da alcuni bocciati della scuola di Stato norvegese che avrebbero (e in effetti hanno) avuto il coraggio di non fingere, va al pioniere della scena cui è paradossalmente sempre piaciuto vivere in un angolo per rivolgersi a quelli che scelgono di operare negli angoli, nelle pieghe nascoste degli insiemi, delle collettività. Stando alla biografia personale, il Premio va a un uomo che dopo aver frequentato il collegio militare della Nunziatella a Napoli, lascia diciottenne la sua Brindisi per installarsi a Oslo e fare il lattoniere e il saldatore, poi il marinaio d’un cargo norvegese, laureandosi in lingua francese e scandinava, e in storia delle religioni, a un certo punto trasmigrando alla Scuola Teatrale di Varsavia, per presto trasferirsi a lavorare in un piccolo teatro di Opole diretto da Jerzy Grotowski e da un critico, restandoci tre anni, salvo cinque mesi trascorsi in India, coronando infine la permanenza con un ritorno (per poco) a Oslo dove, non introdotto dagli ambienti ufficiali, reagisce istituendo quello che diventerà il mitico Odin Teatret. Ecco, a questo punto va detto che l’Associazione Ubu per Franco Quadri ha sentito la necessità di occuparsi, e di tributare un significativo riconoscimento, in tema di cultura globale della scena, a chi ha iniziato la sua edificante politica artistica e professionale avendo per affiliati degli “esclusi” dalle istituzioni (rifiutati dall’accademia di Oslo) e gestendo subito dopo, nell’approdo in Danimarca, a Holstebro, un gruppo di estranei stranieri (norvegesi) non in possesso della lingua locale danese, quindi costretti a una comunicazione non verbale ma fisica. Con in più, è da aggiungere, la costrizione (dovuta all’uso di una sala senza palcoscenico avuta come dispositivo dalle autorità) a dover incorporare gli spettatori a ridosso agli attori, assetto poi mantenuto spesso dagli eventi, dalle restituzioni, dalle attività spettacolari dell’Odin. Ancora, il Premio Franco Quadri a Eugenio Barba non può non includere i sessant’anni di una coerenza di Barba e dell’Odin, che hanno creato un nodo vivo e profondo con i partecipanti, con gli spettatori, facendo discorsi sinceramente disillusi, persino da nichilisti, ma con il dispendio di energie, con l’eccesso di cura per i più piccoli dettagli, con l’incandescenza e la sensualità dell’amore. Oltre ottanta lavori, oltre venticinque libri, con la fondazione cruciale nel 1979 dell’ISTA, International School of Theatre Anthropology, la creazione nel 1990 dell’Università del Teatro Eurasiano in collaborazione con l’Università di Bologna, e nel 2002 del Centre for Theatre Laboratory Studies in collegamento con l’Università di Aarhus. Avendo all’attivo la costituzione delle case editrici “Odin Teatrets Forlag” nel 1967, e “Icarus Publishing Enterprise” nel 2009 in collaborazione con il Grotowski Institute polacco.

Ma c’è una ragione in più, in realtà già compresente per alcuni precedenti premiati, che spinge a legare il Premio Franco Quadri 2023 a un destinatario illustre come Eugenio Barba. Avviando un discorso su Barba nel capitolo a lui dedicato nel volume Il teatro degli anni Settanta – Invenzione di un teatro diverso pubblicato da Einaudi nel 1984, Quadri scriveva: «Caso insolito nel mondo del teatro, Eugenio Barba è prima che un artista una persona…». Ricambiatissimo dal capitolo che Barba gli riservava nel PANTA Quadri edito post mortem da Bompiani nel 2014, dove il regista maestro si rivolge agli amici della Ubulibri, riferendo che è andato a rovistare tra le lettere “vere” che Quadri e lui si erano scambiati, scegliendo solo tre missive, due di Quadri, una sua, per raggiungere l’effetto scorciato di un epigramma o dei tre versi di un haiku. Racconta del loro primo incontro nel 1963, dei contatti per mettere su un numero di “Sipario” sul teatro polacco, di un inconveniente nella tempestività del compenso (per lui che doveva andare in India con una Land Rover!) e di come Quadri si fece partecipe della somma dovuta da Bompiani. Riferisce di quanto e come Franco e lui fossero differenti pur sentendosi tanto simili. La prima lettera riprodotta è di Quadri, del 1972 («Fa brillare la nostra ironica fratellanza»). La seconda lettera riprodotta è ancora di Quadri, scritta a mano, nell’aprile 1983, con affettuoso riferimento a una carta la cui stampa appartiene alla madre di Quadri stesso, con tanto, nell’intestazione, di quadretto rosso delle carte da gioco. La terza lettera riprodotta è di Barba, della fine di quell’aprile 1983, con riflessioni condivise sulle condizioni dei teatranti e degli sfollati. In questo breve epistolario c’è il milionesimo perché di questo Premio Franco Quadri a Eugenio Barba.

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