Rodolfo Sacchettini

Altre Velocità

Per Franco Quadri / Rodolfo Sacchettini

Per Franco Quadri

Rodolfo Sacchettini / Altre Velocità

 

Per chi della mia generazione al teatro si è avvicinato più o meno una decina di anni fa Franco Quadri era Franco Quadri. Agli inizi, quando hai un mondo intero ancora da esplorare e ti emozioni a riconoscere qualche gruppo e a costruire una primissima mappa, puoi sbagliarti su tutto, ma non su Franco Quadri. Lui è il critico teatrale per eccellenza. È un passaggio obbligato, un punto cardinale nella bussola del teatro. Con quel suo volto così particolare, aveva il fascino di un divo di Hollywood. Probabilmente anche per alcune generazioni precedenti Quadri era “Quadri”. Ma per chi ha iniziato nel duemila a seguire il teatro Quadri era prima un simbolo e poi un uomo in carne e ossa.
Ho incrociato tante volte Quadri. Mi ha invitato a votare ai Premi Ubu quando ero poco più che agli inizi, mi ha coinvolto nel Premio Riccione, ho scritto in alcuni suoi libri quadrati. Le volte che ho avuto il coraggio di avvicinarlo e di parlargli però sono state davvero poche. La timidezza gioca brutti scherzi e rimpianti. Ma le brevi conversazioni che ho avuto le ricordo bene.
Leggi le sue recensioni, i suoi libri, il “Patalogo”, i libri della sua casa editrice, i Premi Ubu, magari qualche vecchio numero di “Sipario”, da comprare ai mercatini appena ce ne è occasione. Qualunque argomento di teatro vuoi approfondire, a un certo punto ti confronti con Franco Quadri, e spesso le sue parole suonano definitive. Ma per chi, come me, è solo una decina di anni che segue il teatro e non ha mai potuto vedere i grandissimi del nuovo teatro italiano e straniero, gli occhi di Quadri erano quelli di chi li aveva conosciuti tutti. L’idea un po’ naif, ma sincera, è che tutto quel tempo, quella Storia, quelle voci, quegli incontri, quegli artisti straordinari fossero in un certo senso ancora “vivi”, perché vivi erano gli occhi di chi li aveva scrutati nel profondo, nell’intimo. Una sorta di filo che andava a intrecciare i decenni e le generazioni. Ed è per questo che adesso è tutto un mondo che sembra ancora più lontano.
Lui c’era. L’impressione era proprio quella: lui per cinquant’anni era stato presente alle cose mentre accadevano. E in teatro essere davvero “presenti” vuol dire quasi tutto. Franco Quadri mancherà a molte persone: a chi lo ha conosciuto bene, a chi ha avuto con lui solo qualche breve conversazione, a chi non ha mai avuto la possibilità di frequentarlo personalmente. C’è un aspetto che a volte si dà per scontato, ma che scontato non è, e soprattutto non lo è più di questi tempi. Franco Quadri ha dedicato un’intera vita, tutta la sua energia, l’intelligenza e il tempo, al teatro, mantenendo acceso un fuoco di passione. Il gesto del guardare è un gesto più umile del creare. Essere un devoto del teatro non è semplicemente essere un teatrante. È qualcosa di umilmente più radicale. Per questo tutto il mondo del teatro deve davvero molto a Quadri.
E adesso manca e mancherà sempre di più, perché con Quadri finisce davvero un’epoca per la critica teatrale e per il teatro: un’epoca che era finita già da tempo, ma che ora è avvertita da tutti come definitivamente conclusa. Finisce un’epoca e non si sa cosa inizia. Il disorientamento per adesso pervade tutti quanti.